Philippe Daverio Giuliana Poli

Ospite di Tipicità Philippe Daverio che ha parlato di un nuovo Rinascimento Italiano. L’Italia ha bisogno di ricreare quella complicità e affinità tra la pura cultura tecnologica e la genialità del designer italiano, con progetti innovativi dei giovani, attingendo dal nostro patrimonio culturale. A proposito del nuovo umanesimo abbiamo chiesto al noto critico, qual è la perfezione alchemica tra la cucina e le arti.: “Anzitutto sono manufatti tutti e due non si fanno solo con la testa, ma si fan anche con le mani e l’altro rapporto è che sono strumenti perfetti per capire la sedimentazione di culture, se uno vuol capire come è fatto un popolo, lo trova attraverso le articolazioni delle sue capacità mentali, ovviamente quando si parla di cibo non si parla di sopravvivenza, ma di elaborazione bella nel corso della realizzazione, esattamente come l’arte… Ma poi si possono dire delle cose in più… che la buona pittura è come una buona salsa e si può arrivare a dire che curiosamente almeno fino al ventesimo secolo, oggi è cambiato il mondo, i cuochi erano maschi, i pittori, erano maschi. Da quando è cambiato questo rapporto, le donne si sono trasformate da cucinatrici a cuoche vere, da “sdore” come si diceva una volta a vere artiste. E tutto parte dalla cucina.

Quale sarà la cucina del futuro e l’arte del futuro…

La cucina del futuro si legherà all’identità territoriale e non alla tradizione…

Che differenza c’è per Lei?

Molta “roba” della tradizione per noi è ormai intollerabile. La tradizione prevedeva quattromila calorie e quella non potremo più affrontarla. Se prendi un libro di cucina di Alessandro Dumas, chi lo legge dice “mi sparo”, è davvero mortale, quindi non è la tradizione, ma la sedimentazione di identità. Noi andremo verso il mangiar meglio e mangiar molto meno. Mangeremo sempre meno ma mangeremo sempre di più nella logica della identità territoriale, cioè vorremo capire ciò che è veramente bavarese, cos’è veramente di Amburgo o di Livorno. O cos’è il settecento francese, come identità locale nel luogo e nel tempo.

E l’arte?

Anche l’arte va in questa direzione, verso i vernacolari, le lingue di un nuovo dove possono acquisire la densità semantica. La “roba” puramente internazionale, in questo momento non è interessante, ci sono dei momenti internazionali e dei momenti invece l’identità è necessaria.

Nonostante la globalizzazione?

Per via della globalizzazione… Perché un conto è immaginare quel mondo orribile che immagina il socio di Beppe Grillo, quel mostro con gli occhiali… che immagina di essere lui il capo di un mondo unificato, è un vero orrore, quello lì…e  altro è immaginare la grande differenziazione dei dialoghi. Il fatto che incontro un cinese del sud, è diverso da un cinese di Pechino. Noi vogliamo un mondo polimorfo, non un mondo con la solita stupida lingua unica di internet, come vuole quel tipo di prima con gli occhialetti!!!

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